1- GESÙ DODICENNE AL TEMPIO
Luca 2:41-52 «Or i suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. E, quando egli compì dodici anni, essi salirono a Gerusalemme, secondo l’usanza della festa. Terminati quei giorni, mentre essi ritornavano, il fanciullo Gesù rimase in Gerusalemme; ma Giuseppe e sua madre non lo sapevano. Supponendo che egli fosse nella comitiva, essi fecero una giornata di cammino, poi si misero a cercarlo fra i parenti e i conoscenti; e, non avendolo trovato, tornarono a Gerusalemme in cerca di lui. E avvenne che, tre giorni dopo, lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, intento ad ascoltarli e a far loro domande. E tutti quelli che l’udivano, stupivano della sua intelligenza e delle sue risposte. E, quando essi lo videro, rimasero stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo!». Ma egli disse loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero le parole che aveva detto loro. Ed egli scese con loro, tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. E sua madre serbava tutte queste parole nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, in statura e in grazia davanti a Dio e agli uomini».
La primavera avanza e Gerusalemme si prepara alla festa annuale della Pasqua, che è nel quattordicesimo giorno del mese di Nisan (Marzo-Aprile). Giuseppe e la sua famiglia, come ogni anno si mettono in viaggio da Nazareth fino a Gerusalemme, percorrendo circa 120 chilometri per celebrale la Pasqua, come la legge richiedeva (Deuteronomio 16:16); e questo comportava stare fuori casa per almeno due settimane, tra spostamenti e pernottamenti in città. Gesù, che ora ha 12 anni, è parecchio interessato a questa festa, per Lui è un pellegrinaggio emozionante ed è impaziente di andare al Tempio. Quando un ragazzo raggiungeva l’adolescente veniva chiamato figlio della legge e figlio di Dio, riceveva un’istruzione religiosa di livello superiore e poteva partecipare alle feste sacre e ai riti solenni. Solitamente gli israeliti si recavano tre volte l’anno a Gerusalemme per le feste di Pasqua, Pentecoste e per quella dei Tabernacoli. Per gli ebrei la Pasqua non è il solo giorno da ricordare, poiché il giorno seguente è il primo dei sette giorni della Festa dei Pani Azzimi (Marco 14:1); questi sette giorni sono considerati parte del periodo pasquale.
Finiti i riti pasquali, tutti i pellegrini si rimettono in viaggio per fare ritorno alle loro abitazioni; anche Giuseppe e Maria sono pronti ad accodarsi alla comitiva che è pronta per tornare in Galilea. Ma dopo quasi un giorno di cammino, si accorgono che il loro figlio non è presente, poiché essi avevano pensato che Gesù fosse rimasto indietro, ma che fosse comunque partito con il gruppo. Non vedendolo, iniziarono ad affannarsi nelle ricerca, cercarono Gesù per un giorno intero tra gli altri compagni di viaggio e tra i bambini, ma senza esito: sembrava scomparso! La coppia è in ambasce ed è sconvolta, allora decidono di tornare a Gerusalemme, dove finalmente trovarano Gesù, dopo tre giorni di ricerche. Il Signore è nel Tempio seduto in mezzo ad alcuni maestri giudei, intento ad ascoltare e a fare domande e, seppur bambino ha una conoscenza scritturale che supera quella degli anziani e dottori della legge; però l’atteggiamento di Gesù è umile, non mostra saccenza o presunzione, si comporta come un normale bambino e interagisce con gli adulti con molta umiltà e pacatezza.
Gesù ascoltava e imparava dagli insegnanti, ma allo stesso tempo ribatteva con argomentazioni che lasciavano a bocca aperta i suoi interlocutori; il testo ci dice che le persone si stupivano dal senno e dalla profondità delle Sue risposte. Persino i suoi genitori sono stupiti dalla scena che si presenta dinanzi a loro e dalla conoscenza e semplicità con cui Gesù discorre con persone tanto più avanti negli anni. Tuttavia sua madre irrompe nella scena e gli esterna tutta l’ansia e l’irritazione accumulata fino a quel momento, rimproverando Gesù. La risposta di Gesù è spiazzante, Egli rivela la Sua vera identità, quale Figlio di Dio e della divina missione di cui era stato investito. Mentre Maria sottolinea: “Tuo padre e io”; Gesù rimarca che casa Sua è altrove “Nella casa del Padre mio”. Giuseppe e Maria non capirono il significato di quella risposta, che non era esattamente quella che ci si sarebbe aspettati da un ragazzino di dodici anni. Come ebbero lasciato il Tempio si ricongiunsero con la comitiva per far ritorno a Nazareth, e benché Gesù è il Creatore dell’universo, fu comunque un figlio ubbidiente e sottomesso all’interno di questa umile famiglia giudea. Il testo si conclude rimarcando nuovamente il normale decorso della crescita e dell’umanità del Signore. Sviluppo mentale: cresceva in sapienza. Sviluppo fisico: in statura. Sviluppo spirituale: in grazia davanti a Dio. Sviluppo sociale: davanti agli uomini. Dopo questi avvenimenti gli autori dei Vangeli non ci fanno pervenire altre informazioni sulla vita che Gesù trascorse a Nazareth, come figlio di falegname. Il racconto riprende con Gesù adulto e all’inizio del Suo ministero.
2 - PERLE BIBLICHE
Perché Gesù si definiva figlio di Dio e figlio dell’uomo?
Gesù usava sovente definirsi «Figlio dell’uomo», e questo appellativo lo troviamo 77 volte nel Nuovo Testamento, era il titolo che Lui prediligeva usare per Se stesso durante il Suo ministero terreno ed è questa un’espressione tipicamente ebraica. Essere il «Figlio dell’uomo», significava essere il figlio secondo il pensiero di Dio, l’uomo perfetto, il modello da imitare e Gesù è stato proprio questo: perfettamente uomo e uomo perfetto. Quando invece si definiva «Figlio di Dio» metteva enfasi sulla Sua natura divina e l’essere disceso dal cielo, sottolineando la Sua relazione intima con Dio Padre; mentre con «Figlio dell’uomo», oltre a quello che abbia già detto, serviva a identificarlo con l’umanità avvenuta tramite l’incarnazione. La Scrittura presenta Gesù uomo come colui che è stato fatto «di poco inferiore agli angeli» (Ebrei 2:9) ed è per questo che è chiamato «Unigenito», ossia, unico nel suo genere; di fatto Egli è l’unico che ha avuto due nature, una umana ed una divina.
Filippesi 2:6-11 «Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce. Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra, e sottoterra, e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre».
Seppur infinitamente superiore agli angeli ed uguale al Padre in dignità e gloria, acconsente ugualmente a rivestire i panni umani. Gesù venendo sulla terra Si riveste dell’umanità decaduta e consegue la vittoria laddove Adamo ha fallito; Cristo è il secondo Adamo, ed ha vissuto «in carne simile a carne di peccato» (Romani 8:3), ed è per questo che è diventato «Figlio», e non che era Figlio. Il piano per salvare l’umanità prevedeva che Dio si rivestisse della nostra natura e fosse Lui in prima persona a salvarci; in questo piano il Figlio è stato: «designato prima della creazione del mondo…» (1 Pietro 1:20), per essere il sacrificio per il peccato e la speranza per l’umanità Cristo vuole e deve essere pienamente umano. La Sua missione consisteva nel possedere le caratteristiche di questa natura. Ebrei 2:14 «Poiché dunque i figli hanno in comune sangue e carne, Egli pure vi ha similmente partecipato…». La vita di Gesù Cristo ci mostra un continuo agire in totale ed assoluta sottomissione al Padre. Giovanni 6.38 «perché io sono disceso dal cielo, non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. È questa la volontà del Padre che mi ha mandato: che io non perda niente di tutto quello che egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno». La vita del Signore è una completa dimostrazione di umiltà e sottomissione, perché Gesù conosce la volontà del Padre ed è per questo che decide di prendere corpo umano e di stare a Lui sottomesso. Il racconto del centurione romano evidenzia questo principio della sottomissione e riconosce che Gesù Cristo è la Parola di Dio, poiché è certo che a Dio è sottomesso. Dalla vita del Signore comprendiamo che la sottomissione è l’elemento necessario ed imprescindibile per essere condotti dallo Spirito Santo.
I termini «Padre e Figlio», che troviamo nel N.T., sono funzionali alla missione salvifica di Dio e non vanno intesi in modo letterale, ma applicati a Dio hanno una funzione differente da quella comunemente intesa dal genere umano. Quando diciamo: “mio padre o mio figlio” alludiamo a qualcuno che ci ha generati fisicamente o a qualcuno che noi abbiamo generato, portando così all’esistenza un essere che non era mai esistito prima. Ma questa stessa cosa non si può applicare a Dio, Egli non Si sposa, non ha rapporti sessuali come gli uomini e non genera figli nel senso biologico del termine. Alcuni leggendo superficialmente la Bibbia hanno travisato questo e sono arrivati all’errata conclusione che Gesù è stato creato, quando invece la Bibbia dice chiaramente che non ha né principio né fine. Ad esempio, nel testo di Ebrei 7, troviamo la comparazione tra Melchisedek e Gesù, aventi le stesse caratteristiche. Ebrei 7:1 «Infatti questo Melchisedek, re di Salem… Il suo nome significa innanzitutto “re di giustizia”, e poi anche “re di Salem”, cioè “re di pace”. Senza padre, senza madre, senza genealogia, senza principio di giorni né fine di vita, ma fatto simile (come o uguale) al Figlio di Dio, egli rimane sacerdote in eterno». Inoltre, per molti commentatori biblici, il personaggio Melchisedek è Cristo stesso, in una delle Sue tante teofanie. Ovviamente, come dice questo testo e non solo questo, Gesù Cristo è sempre esistito, non è mai stato creato. È interessante notare che non era conosciuto con questo nome prima della Sua incarnazione, perché il nostro Salvatore Lo assunse quando prese la natura umana e, come oramai abbiamo imparato, i nomi di Dio enfatizzano le Sue qualità o aspetti del Suo carattere nell’opera che sta attuando, per cui il nome Gesù Cristo è in relazione alla missione salvifica. Nell’Antico Testamento, non troviamo nessun testo che parla della preesistenza di Gesù Cristo come «Figlio» o come creatura del Padre. La parola «Figlio», applicata a Gesù, specifica la Sua missione terrena e il Suo essersi fatto uomo, e per tanto diviene “inferiore” al Padre, ma solo per il tempo della Sua carne e non che Egli sia inferiore al Padre. Inoltre, anche gli altri nomi come Sommo Sacerdote, Profeta, Messia, Giudice, Angelo dell’Eterno, etc., sono tutti titoli che descrivono i singoli aspetti della Sua opera di Mediatore, Redentore, Legislatore. Ma quando si parla di Lui, non più in relazione con il tempo ma con l’eternità, Egli viene identificato come Logos (Parola), Dio, Signore, Yhwh (Io Sono), Primo Ultimo, Alfa Omega. Gesù stesso Si è definito Dio YHWH, uguale al Padre.
3 - IMPLICAZIONI PRATICHE
Quali insegnamenti possiamo trarre da questo racconto?
Da questo brano biblico possiamo trarre due importanti lezioni. Il primo insegnamento ci dice che è pericoloso dare per scontato che stiamo camminando con Dio, quando Dio non è con noi. Forse, anche noi, come Maria e Giuseppe dobbiamo tornare sui nostri passi e ricercare Dio per ristabilire il contatto e la comunione con Lui dal punto in cui ci siamo lasciati. Anche se, abbiamo commesso qualche errore o peccato e ci siamo allontanati da Dio, è bene sapere che il Signore è sempre vicino a coloro che sbagliano, però non si manifesta, proprio a causa del peccato. A volte, anche noi potremmo, come Maria e Giuseppe, perdere di vista il Signore per un giorno intero e forse anche per settimane o mesi. Ma quand’è che lo perdiamo di vista? Quando trascuriamo la preghiera e la lettura della Bibbia, ma anche quando ci perdiamo dietro a futili passatempi o in conversazioni inutili. Ma, lo perdiamo soprattutto quando, al mattino appena svegli, invece di aprire la Bibbia, apriamo la televisione o il cellulare per vedere le notifiche, i video e nel rispondere ai messaggi, ancor prima di esserci connessi con Lui. Il tempo che perdiamo in cose di nessuna utilità, ci fanno trascurare la preghiera e la meditazione della Parola, e questo toglie pace e serenità alla nostra vita. Solo quando ci accorgiamo dell’errore e torniamo sui nostri passi, forse anche con affannose ricerche, prima di ritrovare la comunione con il Signore, solo allora riacquistiamo la pace perduta. Facciamo sempre molta attenzione a non dimenticare Gesù, perché senza accorgercene potremmo non essere più con Lui o che Egli non è più con noi; purtroppo, quando ci lasciamo assorbire oltre misura dai problemi quotidiani e dalle realtà terrene, dando la precedenza a cose che potrebbero aspettare tranquillamente, perdiamo di vista non solo Dio, ma anche la vita eterna. Inoltre è sorprendente vedere Giuseppe e Maria che sgridano il figlio, invece di rimproverare se stessi e ammettere le loro colpe e chiedergli scusa per averlo trascurato. Quante volte ci arrabbiamo con Dio e diciamo: ma Dio dove sei? E quasi mai ci chiediamo: ma io, dove sono e cosa sto facendo?
Gesù ci insegna un’altra cosa in questo brano ed è la sottomissione, il cui significato è “obbedire, mettere sotto, essere soggetti a, sottostare a …”. In altre parole vuol dire stare sotto la copertura di qualcuno che può essere un genitore, le leggi umane o divine, o sotto la protezione di Dio. Ebrei 13:17 «Ubbidite ai vostri conduttori e sottomettetevi a loro, perché essi vegliano sulle anime vostre, come chi ha da renderne conto, affinché facciano questo con gioia e non sospirando, perché ciò non vi sarebbe di alcun vantaggio». Il principio è che dobbiamo obbedire a qualsiasi autorità posta sopra di noi, sempre che questi agisca in modo corretto e nell’interesse comune, che sia una datore di lavoro, un insegnante, un parente, un mentore spirituale, un poliziotto, o qualsiasi autorità umana. L’autorità suprema è Dio e la Sua legge, che è santa, giusta e buona, e quando siamo obbedienti e sottomessi alla Sua autorità e legge, questo ci preserva dal male e ci garantisce un futuro sereno. Nella lettera agli Efesini, leggiamo che i cristiani devono sottomettersi «gli uni agli altri nel timore di Cristo» (Efesini 5:21). Leggiamo anche che la moglie deve sottomettersi al marito (sotto la sua protezione e cura) come al Signore (Efesini 5:22). L’apostolo Pietro scrive: «Similmente voi, giovani, siate sottomessi agli anziani. Sì, sottomettetevi tutti gli uni agli altri e rivestitevi di umiltà, perché Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili» (1 Pietro 5:5). Il tema è quello dell’umiltà. Nessuno può godere dei benefici della sottomissione se è arrogante e presuntuoso, serve umiltà per sottomettersi a Dio, come anche alle autorità umane. Serve obbedienza ed umiltà per arrendersi all’autorità di un altro, e sappiamo che Dio si oppone ai superbi, che con la loro arroganza alimentano il proprio orgoglio. Giacomo 4:6 «Ma egli dà una grazia ancor più grande; perciò dice: «Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili». Ciò significa che, come credenti, dobbiamo sottometterci a Dio, affinché lo Spirito Santo operi in noi e compia quella trasformazione per “conformarci all’immagine di Cristo”. Il Signore ci chiede di sottometterci non perché è un tiranno, ma al contrario è un Padre amorevole e sa ciò che è meglio per noi. Solo se siamo disposti a ricevere con umiltà e semplicità di cuore le Sue cure e i progetti che ha per ognuno di noi, oltre alla pace e serenità che otteniamo dalla sottomissione a Lui giorno dopo giorno, potremmo godere di una vita prosperosa, appagante e benedetta, che niente e nessuno può uguagliare e che il mondo non ci può dare.
4 - DOMANDE PER RIFLETTERE E RICORDARE
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Quale importante avvenimento accadeva in primavera? In quale mese e giorno?
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Quale festa venina dopo la Pasqua e quanto durava?
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Quanti anni ha Gesù in questo episodio?
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Quale preoccupazione coglie Giuseppe e Maria nel viaggio di ritorno?
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Perché i dottori della legge restano stupiti di Gesù?
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Perché Gesù è chiamato “Figlio di Dio” e “Figlio dell’uomo”?
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