1- IL PIANTO IN RAMA
Matteo 2: 13-18 Ora, dopo che furono partiti, ecco un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e rimani là finché io non ti avvertirò, perché Erode cercherà il bambino per farlo morire». Egli dunque, destatosi, prese il bambino e sua madre di notte, e si rifugiò in Egitto. E rimase là fino alla morte di Erode, affinché si adempisse quello che fu detto dal Signore per mezzo del profeta, che dice: «Ho chiamato il mio figlio fuori dall’Egitto». Allora Erode, vedendosi beffato dai magi, si adirò grandemente e mandò a far uccidere tutti i bambini che erano in Betlemme e in tutti i suoi dintorni, dall’età di due anni in giù, secondo il tempo del quale si era diligentemente informato dai magi. Allora si adempì quello che fu detto dal profeta Geremia che dice: «Un grido è stato udito in Rama, un lamento, un pianto e un grande cordoglio; Rachele piange i suoi figli e rifiuta di essere consolata, perché non sono più».
Sul Signore Gesù Cristo pendeva una minaccia di morte fin dalla Sua nascita, del resto era nato per questo, ma ciò sarebbe avvenuto al tempo stabilito, quando ogni profezia si fosse adempiuta; infatti le Sue ultime parole furono: «Quando Gesù ebbe preso l’aceto, disse: “È compiuto”. E, chinato il capo, rese lo spirito» (Giovanni 19:30). Giuseppe destatosi dal sonno a causa di un sogno, svegliò Maria nel pieno della notta e le riferì un messaggio urgente: prepararsi a partire in tutta fretta. Un angelo del Signore era apparso in sogno a Giuseppe e lo intimava a fuggire con la sua famiglia in Egitto, poiché Erode si apprestava a portare a compimento il suo piano diabolico. Erode vedendosi raggirato dai magi, poiché questi avevano lasciato il paese senza fargli sapere dove si trovasse il bambino, era furibondo, decisamente inferocito e fortemente motivato a mettere a morte Gesù. Cosicché, il re convoca i suoi subalterni e dà ordine di far uccidere tutti i
bambini maschi dai due anni in giù che vivono a Betlemme e dintorni. Anche se non è possibile stabilire quanti fossero i bambini uccisi, si ipotizza che il numero delle piccole vittime fosse nell’ordine delle centinaia; ma quello che è certo, sono le grida e i pianti disperati delle madri di queste vittime innocenti. Le urla che seguirono questa strage fu l’adempimento delle parole del profeta Geremia. Geremia 31:15 Così dice l’Eterno: «S’è udita una voce in Ramah, un lamento e un pianto amaro: Rachele piange i suoi figli e rifiuta di essere consolata per i suoi figli, perché non sono più». Nella profezia, Rachele rappresenta la nazione d’Israele, ed è la personificazione del lutto; poiché anch’essa fu seppellita a Rama, che è una località presso Betlemme dove avvenne il massacro.
Giuseppe e la sua famiglia sono fuggiti in Egitto e vi rimasero fino alla morte di Erode. Anche se non possiamo quantificare il tempo della loro permanenza in terra straniera, una cosa è certa, si sta avverando un’altra profezia dell’A.T pronunciata per bocca di Osea: «…e chiamai mio figlio fuori dall’Egitto» (Os 11:1). Questa profezia ha una duplice applicazione, la prima è la liberazione d’Israele dall’Egitto al tempo dell’esodo; mentre l’altra si applica a Gesù Cristo, come ben riporta Matteo, che identifica la giusta interpretazione del testo. La profezia si adempì nella vita di Cristo che dall’Egitto ritornò in Israele.
2 - GESÙ E LA SUA FAMIGLIA SI STABILISCONO A NAZARET
Matteo 2: 19 -23 «Ora, morto Erode, ecco un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto, e gli disse: «Alzati, prendi il bambino e sua madre e va’ nel paese d’Israele, perché coloro che cercavano la vita del bambino sono morti». Ed egli, alzatosi, prese il bambino e sua madre e venne nel paese d’Israele; ma, avendo udito che Archelao regnava in Giudea al posto di Erode suo padre, ebbe paura di andare là. E, divinamente avvertito in sogno, si rifugiò nel territorio della Galilea, e, giunto là, abitò in una città detta Nazaret, affinché si adempisse quello che era stato detto dai profeti: “Egli sarà chiamato Nazareno”».
Giuseppe, nuovamente avvertito dall’angelo, fece ritorno in patria, poiché Erode era morto. L’intenzione di Giuseppe era quella di tornare in Giudea, forse a Betlemme o nei dintorni, ma come raggiunse il paese d’Israele viene a sapere che il figlio di Erode, Archelao, era succeduto al padre come re della Giudea. Giuseppe ha timore d’inoltrarsi nel territorio ed esita a farlo; quindi si diresse a nord, secondo le istruzioni ricevute in sogno e si stabilì nella regione della Galilea a Nazaret, dove governava Antipa l’altro figlio di Erode, ma con altra mentalità ed attitudini. Matteo ci fa notare l’attuazione di un’altra profezia, nella quale si attesta che i profeti avevano annunciato che il Messia sarebbe stato chiamato il Nazareno. Matteo usa il termine profeti al plurale e questo perché si ricollega a un insieme di profezie che descrivono le umile e disprezzate origini del Messia; poiché gli abitanti di Nazaret erano mal visti e considerati dei collaborazionisti dei romani. Per queste e altre ragioni erano un popolo di persone disprezzate e, non a caso, quando Filippo dice a Natanaele di aver trovato il Messia che arriva da Nazaret, Natanaele rispose: “Può forse venir qualcosa di buono da Nazaret?” (Gv.1:46). Il disprezzo verso questa città ricadeva anche sui suoi abitanti indistintamente, ed anche Gesù, come tutti i nazzareni fu trattato con disprezzo, come specificato dal profeta Isaia: “disprezzato e abbandonato dagli uomini” (Isaia 53:3).
Cosa ci insegna questo racconto?
Che il pregiudizio è un problema serio e difficile da debellare nella mente dell’uomo superficiale. Purtroppo è facile farsi delle idee errate su persone e fatti a causa di idee preconcette, stereotipi prevenuti, e senza una conoscenza precisa e diretta, ma solo sulla base di voci o di opinioni comuni. Spesso si tende a generalizzare su etnie, orientamenti sessuali, religioni, disabilità, ed altro ancora e questo ci spinge ad etichettare un gruppo o un individuo in maniera negativa in funzione del pensiero collettivo e non sulla realtà oggettiva. Tutte le forme di razzismo, discriminazione e pregiudizio sono da bandire, soprattutto da coloro che si dico credenti, perché sono un affronto alla creazione di Dio e all’opera redentiva di Cristo alla croce. Se trattiamo una persona con disprezzo, sufficienza, indifferenza o altro, stiamo maltrattando una persona creata a immagine di Dio, stiamo facendo del male a qualcuno che Dio ama e a Dio stesso; visto che il Salvatore è morto sulla croce, proprio per i reietti e i peccatori. Gesù ci comanda di amarci indistintamente gli uni gli altri come Lui ci ama (Giovanni 13:34). Dio ci ama in modo incondizionato e imparziale, così come siamo, senza guardare all’apparenza e senza fare preferenze; anche noi dovremmo fare la stessa cosa con gli altri, utilizzando lo stesso amore e lo stesso nobile metro. Ogni tanto mettiamoci nei panni dell’altro e proviamo a pensare come si sente e cosa prova una persona disprezzata, abbandonata, emarginata o rifiutata. Ma, oltre a questo, possiamo scorgere come le persecuzioni e le prove che affronteremo nella vita, saranno una costante per i figli di Dio, e con esse vedremo anche gli interventi di Dio e la vittoria sulle forze del male.
3- PERCHE GESÙ FU CHIAMATO IL NAZARENO?
Seppur nessun versetto dell’A.T. lo dichiara apertamente, gli studiosi sono concordi nell’affermare che Matteo si riferisca a Isaia 11.
Isaia 11:1: «Poi un ramo uscirà dal tronco d’Isai, e un rampollo spunterà dalle sue radici». (V. Riveduta)
Isaia 11:1 «Poi un ramoscello uscirà dal tronco di Isai e un germoglio spunterà dalle sue radici». (V. Diodati)
È necessario analizzare il testo nella lingua originale per comprendere la profezia, solo così si comprende il senso di questa affermazione. Il nome ebraico “Nazareth” ha la stessa radice verbale “naszar”, che significa “germoglio”, e questa parola la troviamo in diversi testi di Isaia.
Isaia 4:2 «In quel giorno il germoglio dell’Eterno sarà tutto splendore e gloria, e il frutto della terra sarà l’orgoglio e l’ornamento per gli scampati d’Israele».
Isaia 53:2 «Egli è venuto su davanti a lui come un ramoscello (virgulto), come una radice da un arido suolo…»
Questi sono solo alcuni dei testi dove il “germoglio”, il “virgulto” o ramoscello o pianticella, secondo altre versioni, sono la traduzione di “naszar”, e si riferiscono a Gesù Cristo il Nazareno.
“Naszar” è la stessa radice di Nazareth, paese mai citato dall’Antico Testamento, e anche Nazareth vuol dire “germoglio”.
4 - DOMANDE PER RICORDARE E RIFLETTERE
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Cosa deve fare Giuseppe, secondo l’avvertimento dell’angelo?
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Quali sono le intenzioni di Erode, vistosi beffato dai magi?
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Cosa fa Giuseppe per proteggere il bambino?
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Cosa è il pianto in Rama?
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Dove fugge Giuseppe e la sua famiglia?
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Durante il viaggio di ritorno, perché Giuseppe non torna a Betlemme?
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Quali e quante profezie si avverano in questo brano?
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