1- L'INCONTRO AL POZZO DI GIACOBBE
Leggere Giovanni 4:1-42
Giovanni 1: 8 -14 «Una donna di Samaria venne per attingere l’acqua. E Gesù le disse: «Dammi da bere», perché i suoi discepoli erano andati in città a comperare del cibo. Ma la donna samaritana gli disse: «Come mai tu che sei Giudeo chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?» (Infatti i Giudei non hanno rapporti con i Samaritani). Gesù rispose e le disse: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere”, tu stessa gliene avresti chiesto, ed egli ti avrebbe dato dell’acqua viva». La donna gli disse: «Signore, tu non hai neppure un secchio per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande di Giacobbe, nostro padre, che ci diede questo pozzo e ne bevve egli stesso, i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù rispose e le disse: «Chiunque beve di quest’acqua, avrà ancora sete, ma chi beve dell’acqua che io gli darò non avrà mai più sete in eterno; ma l’acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d’acqua che zampilla in vita eterna».
Gesù con i suoi discepoli lasciarono la Giudea per tornare in Galilea, passando volutamente attraverso la Samaria e con un preciso obiettivo. Solitamente i Giudei evitavano di passare per la Samaria, preferivano allungare il viaggio passando per la Perea, e questo perché tra Giudei e Samaritani non correva buon sangue da quando questi ultimi si erano formati un loro regno ed un culto autonomo, vi era inimicizia e disprezzo. Quando Gesù e i discepoli giunsero nella valle di Sichem, (Sicar in aramaico) presso il pozzo di Giacobbe era mezzogiorno e, stanco del viaggio si sedette accanto al pozzo, mentre i suoi discepoli andarono in cerca di provviste. Tra ebrei e samaritani si evitava qualsiasi contatto sociale, tranne in casi estremi o di necessità e solo per compra vendita; un ebreo non avrebbe mai chiesto nulla a un samaritano, nemmeno un pezzo di pane o un bicchiere d’acqua come azione caritatevole, e viceversa. Appena Gesù si sedette per riposare, ebbe fame e sete; e seppur fosse Dio disceso in terra era soggetto ai limiti e bisogni della nostra natura umana che assunse volontariamente. Il Signore è sceso nel mondo per vivere come uomo fra gli uomini e questa è una verità che trascende la nostra comprensione. Gesù aveva sete, ma l’acqua fresca era per Lui inaccessibile, non poteva attingerne perché non aveva né corda né secchio e il pozzo era profondo, quindi attese che qualcuno venisse ad attingere l’acqua. Poco dopo una donna della Samaria uscì dal villaggio diretta al pozzo con il suo secchio, però era un’ora insolita per questo lavoro che veniva svolto in orari mattinieri; come mai andare nell’ora più calda della giornata? Il seguito del racconto ci fornisce dei dettagli molto utili, e questo perché era una peccatrice e voleva evitare l’imbarazzo di dover incrociare lo sguardo di altre donne e forse anche per la vergogna. Quell’appuntamento al pozzo non è casuale, il Signore sapeva che doveva incontrare un’anima bisognosa, cosi decise di incontrarla e riscattarla dalla sua vita di peccato.
Gesù le chiese da bere. La donna vide che era un ebreo e fu sorpresa dalla richiesta e cercò di scoprirne la ragione: “Come mai tu che sei giudeo chiedi da bere a me che sono una donna samaritana?”. Gesù rispose: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è che ti dice: Dammi da bere, tu stessa gliene avresti chiesto, ed egli t’avrebbe dato dell’acqua viva” (Giovanni 4:10). Ti stupisci perché ti ho chiesto un piccolo favore; ma, se tu lo desiderassi, io ti farei bere l’acqua di vita eterna. La donna non comprese le parole, pensando che Gesù alludesse all’acqua del pozzo, e disse: “Signore, tu non hai nulla per attingere, e il pozzo è profondo; donde hai dunque codest’acqua viva? Sei tu più grande di Giacobbe nostro padre che ci dette questo pozzo e ne bevve egli stesso?” (Giovanni 4:11, 12). Gesù, chiedendole questo favore aveva destato il suo interesse e la sua curiosità, tanto che lo paragona a Giacobbe. Però se avesse compreso che Colui che le rivolgeva la parola era Dio incarnato, ella stessa gli avrebbe chiesto una benedizione ed Egli le avrebbe dato dell’acqua viva, ma la donna si limitava all’acqua di quel pozzo, tanto da fargli notare che non aveva nulla per attingere. Lo stupore della donna crebbe ancor di più, visto che Costui aveva un’acqua migliore, perché chiedeva quella del pozzo? Allora il Signore prese a spiegarle la differenza fra l’acqua del pozzo di Giacobbe e l’acqua viva che Egli era in grado di dare. Chiunque beve dalle sorgenti terrene avrà nuovamente sete, ma chi si ristora in Dio appaga i suoi bisogni. Gli uomini sono sempre insoddisfatti e sempre alla perenne ricerca di qualcosa che soddisfi le loro esigenze fisiche o spirituali; però, il mondo può solo offrire dei palliativi di breve durata, mentre Cristo offre risposte soddisfacenti che sono eterne. Chi ha gustato l’amore e le benedizioni del Salvatore, vorrà gustarne sempre di più e non avrà bisogno di altro; la grazia divina che solo Lui può elargire è un’acqua viva che purifica, rinfresca e fortifica lo spirito e tutto il nostro essere. Le attrattive effimere del mondo come le ricchezze, gli onori, i piaceri peccaminosi non saranno più attrattive, anzi diventano ripugnanti e le persone non vorranno più bere quell’acqua putrida e stagnante, ma cercheranno l’acqua viva e rigenerante. Inoltre, quando le fonti intorno a noi si esauriscono o vengono meno (lavoro, casa, famiglia, amici, ect), il Redentore rimarrà una fonte inesauribile di benedizioni e soccorso; Egli è Colui che provvede a tutte le necessità. Il Signore non solo colma di benedizioni il nostro cuore, ma traboccano perfino e sgorgano ininterrottamente, divenendo noi stessi la fonte di benedizioni anche per coloro che sono intorno a noi. La differenza è evidente, tutto ciò che la terra può offrire non è in grado di colmare il vuoto dell’animo umano; mentre la presenza di Cristo in noi, non solo riempie il cuore, ma ci fa comprendere il senso di questa vita e ci rende partecipi della vita eterna nel Suo regno. La donna si rese conto che quel viandante non si riferiva all’acqua di quel pozzo, che essa beveva ma non le toglieva la sete. “Signore, dammi di quest’acqua, affinché io non abbia più sete, e non venga più fin qui ad attingere”. Giovanni 4:15.
Gesù cambiò discorso, perché per poter ricevere il dono di Dio era necessario che prima riconoscesse il suo peccato e il suo Salvatore… per questo le disse: “Va’ a chiamar tuo marito e vieni qua”. Ella rispose: “Non ho marito”. Ma il Salvatore proseguì dicendo: “Hai detto bene: Non ho marito; perché hai avuto cinque mariti; e quello che hai ora, non è tuo marito; in questo hai detto il vero” (Giovanni 4:16-18). La donna fu scossa da quelle parole e senza dubbio si sarà chiesta: Chi è costui che conosce la mia vita senza avermi mai vista? La donna era una peccatrice e, finché non l’avesse ammesso, non avrebbe potuto ricevere la sua “acqua viva”. Quando vide che la sua vita, per l’uomo che le stava dinanzi era un libro aperto, comprese che Colui che le stava di fronte non era una persona comune; però non aveva ancora capito che si trattava di Dio e pensò che fosse un profeta. La donna alle parole di quell’uomo non ha potuto negare la verità, quindi glissò l’argomento, forse per far tacere la propria coscienza ha spostato il dialogo su un problema religioso; quindi chiese qual è il luogo adatto per il culto a Dio? Poi disse: “I nostri padri hanno adorato su questo monte, e voi dite che è a Gerusalemme il luogo dove si deve adorare”(Giovanni 4:20). Gesù l’assecondò, non eluse la domanda e rispose che era giunto il tempo in cui né il monte Garizim né a Gerusalemme sarebbero più stati luoghi di adorazione. Il Salvatore le fa inoltre notare che le grandi verità della redenzione erano state affidate agli ebrei e che il Messia sarebbe arrivato da loro. Nell’A.T. Dio aveva stabilito che il tempio di Gerusalemme era il luogo dove adorare e nel quale portare i sacrifici e le offerte; naturalmente ora, sotto il nuovo patto, non è più così. Gesù disse alla donna in maniera esplicita che loro adoravano quel che non conoscevano e questo voleva dire che, il Signore non approvava il culto idolatrico samaritano e che Dio non lo aveva mai autorizzato. L’Eterno aveva scelto i giudei come Suo popolo qui sulla terra, al quale aveva dato le Sacre Scritture e precise istruzioni sul modo di adorare; inoltre erano stati scelti per essere gli ambasciatori di Dio nel mondo. Queste affermazioni sfatano il mito che tutte le religioni sono valide e che tutte conducono al cielo o alla salvezza eterna. La verità è una, come una sola è la strada per la salvezza. Efesini 4:5 V’è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, fra tutti e in tutti. Il Signore informò la donna che, con la venuta del Messia non sarebbe più stato necessario recarsi in un luogo specifico per adorare Dio, e da quel momento in poi il culto al Padre doveva essere reso in spirito e verità.
Gli uomini entrano in comunione con il cielo non attraverso un monte o un tempio santo e meno che mai con una religione che si limita alle sole forme rituali o alle cerimonie. Per poter servire Dio correttamente dobbiamo nascere dallo Spirito Santo, solo così possiamo purificare il cuore e rinnovare la mente per amare Dio e ubbidire alla Sua volontà. Molti Giudei come i Samaritani, nonostante si prostrassero e inginocchiassero non avevano un cuore retto al cospetto di Dio, erano molto più attenti alle forme e ai riti che alla sostanza; quando invece Dio gradisce preghiere semplici ma sincere e, cuori contriti disposti a lasciarsi plasmare dallo Spirito. Quando una persona si umilia e prega per cercare il volto di Dio e il Suo perdono e la Sua guida, lo Spirito Santo è all’opera per trasformare dei peccatori in veri adoratori, allora Egli si rivela e li accoglie come Suoi figli. Riflettiamo! Il Padre cerca tali adoratori e noi lo siamo? Come stiamo adorando Dio? La donna rimase colpita dalle parole di Gesù, anche perché non aveva mai udito nulla di simile da nessuno e, mentre la sua vita le scorreva nella mente si rese conto della sua povertà spirituale e del bisogno di quel Salvatore, che nonostante le avesse dimostrato di saper leggere i segreti della sua vita, non lo percepiva come un giudice, ma al contrario, come Colui che comprende e perdona; anche perché Gesù non aveva mai pronunciato parole di condanna, ma solo di grazia e di rinnovare il suo spirito. La donna comprese che non poteva essere solo un profeta e le chiese se non fosse Lui il Messia tanto atteso, e Gli disse: « “Io so che il Messia (che è chiamato Cristo) deve venire; quando sarà venuto ci annuncerà ogni cosa”. Gesù le disse: “Sono io, io che ti parlo!”» (Giovanni 4:25, 26). Gesù non avrebbe mai annunciato la sua messianicità a ebrei orgogliosi così chiaramente come fece con questa donna; infatti non esitò a rivelarsi a quell’umile samaritana, sapendo anche che la Sua grazia si sarebbe sparsa anche attraverso di lei.
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